roma, sale la Tari ma i rifiuti sono sempre lì

Dove più si paga e più la città è sporca. La tassa che a Roma tiene in piedi i conti dell’Ama (il 90% dei ricavi sono ascrivibili alla Tari) continua a crescere a discapito di un servizio inchiodato a standard di qualità piuttosto discutibili per una capitale europea. Nessuna invenzione, lo dice Confcommercio nel suo ultimo osservatorio sulle tasse locali. Nel Lazio un supermercato paga un’aliquota media di 8,93 euro, contro una media nazionale di 6,5 euro. Solo in Sicilia, Campania e Toscana si paga di più. Per i mercati ortofrutticoli, poi, va ancora peggio: 19 euro di aliquota contro una media Paese di 15 euro. Certo, niente a che vedere con i 25 euro della Toscana, ma viene da chiedersi se il servizio di raccolta e smaltimento sia lo stesso del Lazio. In molti casi le imprese pagano costi per un servizio mai erogato (con aggravi di oltre l’80%) o per il mancato riconoscimento della stagionalità delle attività. Nel primo caso, ad esempio a Roma, un distributore di carburante di 300 metri quadri paga 2.667 euro, mentre l’importo corretto dovrebbe essere di 446 euro; nel secondo caso un campeggio di 5.000 metri quadri nel Comune di Fiumicino paga 13.136 euro quando per i soli cinque mesi di attività ne dovrebbe pagare 5.473, oppure uno stabilimento balneare di 600 metri quadri, nello stesso Comune laziale, paga 1.037 euro contro i 432 che dovrebbe pagare.

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